Un'afosa mattina d'estate,
quando ancor il sole
spinge la notte,
un barbone disteso a terra
il mio camminò incontrò.
Un laconico sorriso
da un occhio socchiuso
al mio sguardo sprezzante lanciò.
Come un peso immobile
non replicai restando pietrificato,
quasi accecato
da quel viso già fossile
non così lontano e diverso dal mio.
Svegliatomi da quel breve
infinito tagliente torpore
tentai di allungare il passo,
passo che presto si arrese
quando il nome mio cullato dal vento
quel vecchio gridò.
Quella voce, straziante e dura,
quella voce non estranea
ai miei ricordi,
i miei passi vincolò
e quando d'improvviso mi volsi
il barbone non vidi,
nel nulla era svanito
lasciando a terra
un cuscino di cartone,
lasciando in me
un vuoto enorme ed infinito.
Mai pace mi darò
e per la vita
ogni mattina lo cercherò,
e se non lui
un'altro con lo stesso dolore
incontrare vorrò.
Sì un'altro uomo
che solo con lo sguardo
ti chiede perdono,
che solo di un sorriso sincero
ha veramente bisogno.