Nella gora infinita dei valli a prossime d'un borgo di tanto
La luce immane vicino al fato è ,
grandi le spoglie di un santo.
Le feste dei dì più intimati originalmente abbozzate
In folclore e nell'esalto della ressa
A cavar dintorno l'allegria in volta di serate.
D'intatta l'udir di piattelli e tamburi incendia il dì movimentato
Nel finir anche di tal
Con clarinetti e trombe ch'assordano facendo uscir fiato.
Flauti infiniti nei sigilli medesimi dello stacco in strada,
sinfonia sublime nel spegnersi della gora
viva del paese, il capello si rada.
Del girar nel pavento dei settecento soldati della marcia trionfale
I rigagnoli limpidi d'acqua s'incontrano in sorte
Nella particella centrale ove nasce il loto maestrale.
Nei cerchi del fiume
Dove la cascata è morte in commozione
gli abbracci confortevoli sono il mondo ammirevole che tal forma assume.
A corto come questi due gocce d'acqua vitrea
Abili suonatori
Che sfrecciate nel mal d'altri rigagnoli, la corona bea.
Lì nel settimo gusto della melodia astratta
Nel pulpito dell'aria ch'ingrossa pian piano
L'argentea scia nel campo degli animi della notte matta.
Ora seduti in pianta di una panca intrisa
Avveduti nella torre dell'infinito
L'eternità non si chieda mai, ma nella fontana le lunghe risa.
La giovinezza dell'eterno mai detto
Come se quei vitrei arcobaleni d'acqua
Nello spazio colmassero la beltà d'ospite vederlo retto.
In piazza al tramonto la ninfea sorta a piè d'anima immensa
In vena al riso del conforto animato
Accende il calor d'un vostro duetto in gora intensa.
Maestri del popolo virgulto
Nel cristallino e tiepido letto del brio sorto
Nel globo del vostro proprio esulto.
Innalzata la foce che al tramonto è chiara
Dolce, limpida colma dell'azzurro delle vostre note ardite
Scagliate nei profondi mar all'orizzonte
E i colombi che si librano nelle membra scolpite.
Così quando ritornando il sottile mantello
Che avvolge la primavera d'alberi e prati
Il duetto degli usignoli e del bell'augello.
I cristalli della cava sorti dalla brama focaia
Intrisi nel podere del terreno duttile
E dell'acque forgiare ch'appaia.
Nei sussulti e nei penetranti abbracci
La maestosa tenda dell'anima fiorisce sui balconi
Degli intimati cuori e dei rossi lacci.
(( Mentre io volgo a questa impietrita lastra
Putrefatta da tempo antico
Che di sé descriva animo che incastra.
Mille scritture sul romito canto
Sul baglior di quell'amor
E quel pianto.
Ne descriva l'Evalira e l'amate che io volgo miete
Nessun la mia stuoia
E le anime inquiete.
Sopra questa, la scalfita pietra
Io voglio udir il duetto
Mentr'io suon la triste cetra)) .