Fiamme che calpestano l'anima come carta
e un vuoto sordo che
rifiuta i corpi che gli si donano
lasciandoli cadere.
Riposeranno mai
tra venti in fuga
quelli che
tra lo scegliere la morte
e farsi da essa scegliere
si aggrapperanno al suo mantello
fingendosi aquile
in un salto nel nulla.
Chiuso per sempre nell'immagine
di un volto deforme di metallo e fumo
il mattino attonito si getterà assieme a loro
lasciandosi alle spalle
edifici trafitti.
Buio e strade sbarrate intorno,
il pensiero menomato
come uccello in gabbia
raggomitolato nell'angolo
in attesa che la tempesta si spenga.
Forse non c'ero eppure
sono ancora in quella gabbia
e di tanto in tanto precipito
da quegli stessi palazzi
altissimi e feriti.
Forse non c'ero eppure
è il ricordo che grida
perché c'è nella mia vita un Istante
congelato e tremante
in quella caduta.
E il mio nome è
assieme ad altri
inciso in simboli
su quelle pareti dissolte in polvere,
dove un futuro possibile
è sopravvissuto alla morte.
Fingendosi aquila.