A te Calipso,
Kalyptein, colei che nasconde,
dal Sole fosti generata e da Perse,
triste sorella di Eete e Circe,
com'esse assetata d'amore,
ma per fatalità o per contrappasso
a vostra immortalità,
di questo amore mai appagate.
Crudele Cariddi scaraventò sventurato Odisseo,
nell'isola di Ogigia,
bella per incantesimo come Eea dimora di tua sora Circe.
Misteriosa la tua grotta, di molteplici antri formata,
buio, colori, fumi d'incenso e d'erbe magiche si
mescolavano in essa,
tra i tanti telai dove tu o Ninfa con le tue schiave,
cercavi invano di far trascorrere il tuo tempo infinito.
Innanzi al tuo antro boschi incantati, sorgenti dalle dolci
acque sgorgavano in essi.
Elio tuo padre ti fece dono di tutto questo.
Misera immortale, ancor più misera dell'ultimo mendicante
della terra dei mortali.
Quanto forte era il tuo desìo d'amore,
perché tu tanto eterna quanto infelice?
Anche per Dei dell'Olimpo e per Ninfe tutto
ha un prezzo!
Tanto e invano porgesti il calice dell'immortalità
al tuo prigioniero Ulisse,
ma egli non volle giammai dissetarsi ad esso!
Vana gloria terrena, immortalità su questa terra,
tutto è vanità in confronto a Penelope e Telemaco!
Dai la tua zattera al laerziade che piange sua famiglia,
restituiscigli la sua libertà,
e poi annegati, o maledetta, nelle onde del mare,
solo così anche tu sarai finalmente libera ed umana!