Penso a te,
come un malato che pensi al suo cancro.
Ricordo i primi sintomi:
tutti fuorché tu,
accusavo d'esser causa dei miei mali.
Come il malato che non osi pensare al peggio.
Ricordo il dolore
che le metastasi di te provocavano
radicandosi nel mio cuore:
la paura del peggio
mi vedeva affannata a sopportare.
Come il malato che si voglia convincere
dell'ineluttabilità di una guarigione repentina.
"Non è niente. Adesso passa".
Ricordo la diagnosi di chi voleva curarmi:
ero ancora in tempo,
eppur non volli iniziare alcuna chemio,
preoccupandomi di perdere qualcosa
dal valore inferiore a quello del mio benessere.
Come il malato che non comprenda la gravità della sua situazione.
"Non voglio perdere i capelli, non ce n'è bisogno."
Penso oggi,
mentre sotto scie di luce bianca
sfreccio immobile in corsia d'emergenza,
che a un malato di cancro
possono sempre trapiantare un cuore nuovo.
A me, che di te ho il cuore malato,
non resta che morirne per estinguere il dolore.