Il Peppe era un operaio, fisico tosto e calli sulle mani,
era uno di quelli venuto da lontano.
Lui non conosceva la grandezza di Torino:
le sue vie, la sua gente, le sue nebbie,
perché lui giunse, da un modesto paesino del Gargano.
Lontano è ormai quel giorno... nei cinquanta vivevamo.
Il Peppe, abitava là in periferia, moglie e figli da sfamare,
nei palazzoni grigi e tutti uguali, vicino allo snodo ed alla ferrovia.
A lavorare andava in bicicletta, nonostante che la gioventù,
aveve cominciato ormai ad andare.
Percorreva pedalando le brume e le campagne,
vedendo le stelle ad una ad una ormai svanire.
Sì, s'alzava presto la mattina, prima del suono della sveglia,
un caffè veloce là in cucina,
e via ad indossar la tuta e a salutar la Gina ancora addormentata.
La pedalata però, più non era sciolta, svelta, levigata,
bensì sempre più dura, quasi percorresse sempre una salita.
Eccola laggiù, infin la fabbrica... laggiù in mezzo alla spianata,
a malapena dai lampioni tra la nebbia illuminata.
Grande, grigia, con l' alte mura e con il nero cancello dell'entrata.
Da lontano già s'udiva il suo respiro,
mentre l'alta ciminiera, alzava in cielo un fumo scuro.
Ora il Peppe, è un pensionato del reparto di fucina.
Tornato è al suo paese, in un punto verde del Gargano,
ma ancora s'alza presto la mattina, facendosi il solito caffè,
e sorsando con gusto la tazzina, talvolta il suo pensiero lassù
con nostalgia ritorna,
e mentre la Gina ancora dorme, ricorda il pedalare tra la bruma e le campagne, e lo svanire delle stelle ad una ad una.