O' Tu,
mia amabilissima donna,
io che cercavo l'esca confacente per
prender il pesce giusto, non m'ero mai
accorto d'aver a portata di mano la guisa giusta.
Ormai da molto tento perlomeno
di farmi notare da Te
che Venere eri e Venere sarai. Ebbene ora
ch'io mi ritrovo qui a scriver codesto carme,
risento nascere in me, quella sensazione ch'io
ogni volta che ti scorgo provo. Un universo di passioni
collocate in modo caotico. Ogni sensazione
mi prende e mi strugge l'anima, come la prima
volta, quando all'inizio del cammino della mia misera
vita ti incontrai e non ero ancora niente. Ora
cerco di maggiorare sia me sia il mio cuore che
ancor gentil non è, e che per abbracciare l'anima
Tua dev'esserlo. Ebbene concludo questo carme confidando
nel fatto che Tu, prima o poi ti accorgerai di me,
del nobiluomo che ancora nobile non è, dell'uomo preso
da Te al punto tale da suscitare in lui un universo di passioni,
che lo portano a provare uno smisurato sentimento
che non è definibile con nessuna parola che sia umana.