Aggrappate alla coda
di un pensiero che si fa
impreciso come un ombra,
si spengono a catena
luci su luci
ed è come se
la città sparisse
pezzo dopo pezzo
via dopo via.
Così,
graffiando le tenebre e gli abissi
per risalire,
in un silenzio
che grida per essere
e tace
per morire,
siamo fantocci fragili e immobili
mentre la marea
ci attraversa
come luce fende il vetro.
Per chi
frugandosi dentro
scopre abissi di vuoto
ci sarà
il cigolare lento
di un futuro già fuggito
di una porta che si chiude
distratta come il mormorare
della vita che passa.
E una notte infinita
carica di lampi e lame,
senza schiavi o padroni,
nascerà per noi
orfani di mare
che rimarremo onde
trafitte dal sole.