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La sorte continua
Il Drago, quello solito, se ne stava quatto e zitto
crogiolandosi nel Sole al calore del solstizio.
L'ape ronzava sui fiori di giaggiolo,
si beava il rettilone del fatto d'essere solo.
La torre che una volta di Regine era prigione
diruta si godeva la vecchiaia e la pensione.
Rovi ricoprivano la base delle scale
e il fiume rinfrescava l'aere celestiale.
Dal boschetto all'improvviso roboanti due cavalli
e sopra du cojoni, sembravano a guardalli!
Vestiti di nuovo, imberbi e giovinastri
correvano tra l'alberi incuranti de noantri.
Figurate che manco s'accorser de Ginetto,
il Drago, sì se chiama, non ve l'avevo detto?
Arrivati alla radura continuan le schermaglie:
"Eh sì, tu sarai mejo, ma guarda io che brje!
Guarda e finiture, de sta sella u fior de pelle,
la coda de u cavallo e 'e gamme sverde e snelle.
Guarda che eleganza ammira quantu è finu
u tuo me pare crasticu, ma che te sta malinu?"
Specifico che "finu" non significa sottile
nel dialetto dell'autore si vuol intender fine
La crastica è un uccello che d'acume non abbonda
si usa per traslato a dir chi non comprenda!
"Aho. Mò te ne passi sarai perfettu tu.
Ma te si vistu? me pari Scubbidu.
c'hai l'alito che accora, la panza sotto ai panni,
che non te vedi i piedi saranno già du' anni.
"Picchiettu non m'offenne che sto corpo è robba tosta.
Quannu scenno nell'agone: tristo chi se accosta"
"Ma dai, non famme ride. E da quannu tu combatti?
Se dice che da solo colla lancia tua te sbatti"
"Mò tu che c'hai da dì su la lancia mia perfetta?
È più lunga de la tua e a comanno me dà retta.
Infirza alla bisogna chiunque je se appromi
e arriva de sicuru do' Voi non sete 'bboni"
"Ariecco u Signurino. Mò' ce vole dire
che l' arma sua è più lunga persino del suo Sire.
Ma piantala che a occhiu già se vede chi guadagna
che se dovesse piove, la tua mancu se bagna."
Ginetto, disperato, pensava "Che disdetta.
Ma guarda tu sti due proprio qui a fa sta... beghetta"
Mèntre si rigira tosto, cercando un poco pace
dal cielo si avvicina sua cugina Bice.
Eh, Ginetto aspettava la figlia di sua zia
che arrivava da lontano a fargli compagnia.
Mò che pensi, lettore mio distratto?
Che uno perch' è Drago non po' avè 'n parente stretto?
I due continuavan dissertando di lunghezze
poi presero a parlare financo di grossezze:
"Se è spessa è più importante se tocca giù 'ncarcalla,
quannu che s'approssima 'l momento de addopralla"
"Si perch' è 'mportante che sia lunga e non se spezza
mancu quannu la battaglia richiede più destrezza"
E non se la piantavano tra un "Ma io" e un "Si ma tu"
u poro Drago nostru non ce la faceva più.
Nel frattempo chi te atterra? del Dragone la cuggina
e i due non perdon tempo: "Vedemo chi fa prima"
"Guarda tu che bella bestia, de pugnar non vedo l'ora"
"Sta 'bbono, te sta grossa. È un po' arda a magnatora"
"Arifacce brutto 'nsipido, t'ho detto c'ho a misura"
"Si ma stacce attente quella c'ha la coccia dura"
"Mò vedemo chi c'ha lungo lo bastone e la durezza"
"te ripeto, fa attenzione quella a breve te battezza."
Vedendosi sfidata la Draghessa sai che fece
invece di pensarci prese subito l'arnese,
nel senso che vedendo la lancia dell'omino
la prese, la ingoiò e fece pure un sorrisino.
Soddisfatta ancor per niente di quello stuzzichino
prese pure l'altra lancia ma ingoiò pure l'omino
e lo sciocco di cui sopra che intanto già scappava
fu preso poco dopo, degludito che scalciava.
Bice, la Draghessa, soltanto si fermò
dopo che ebbe finito coi cavalli che mangiò.
Eh! la carne de cavallo c'ha il ferro, è de sostanza
però si digerisce, non se mette su la panza.
Alla fine de sta storia la morale sai che dice?
Che la battaglia ha vinto la cugina Bice.
Tra chi l'aveva grossa e chi c'arrivava appena
ha vinto la Draghessa che è de bocca 'bbona.
Si perchè non conta chi la lancia ha millantato,
ogni singola tenzone vuol' il suo giusto formato
per ognuna c'è un cliente, ogni asta c'ha mercato,
basta attendere, sicuro: prima poi t'arriva un Drago.
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