Non mi carezzano i capelli
oleandri bianchi
non entra nelle mie narici
l'origano selvatico
non raccolgo ormai da tempo
il sale tra gli scogli
non mangio l'erba dei campi
Condannata a calpestare
un marciapiede senza appartenenza
o a guardare da una finestra
un cortile di ferro e monoliti di plastica
scavo nel mio stomaco di pezza
per ritrovare un ricordo che mi regga
Mentre abbasso il capo e cambio
voce
mentre ripasso a mente un altro itinerario
che mi porti pane e calore quotidiano
il pensiero si distacca
quantico
e sogna forse un'altra
dimensione
una porta che si apre mentre un'altra sbatte
persone diverse per diverse direzioni
Voglio adesso più che mai
un angolo di sete dissetare
sentire l'esigenza di Te
cercarTi nell'umidità della terra
tra ulivi alteri
tra zolle impastate di eterno
Il mio creato è unghia d'aracnide
particola di spirito d'alga
incendio di stoppie
protetto da nobili sciami d'oro
salvato in extremis
da una danza di pettirossi.