""Vivendo, più non penso al mio domani
nell'attimi che sfilan come mai
sfuggendomi veloci dalle mani".
Due ragazzini si trovano nei guai
sembrano perseguiti dalla morte
e nessuno come loro corre assai;
prevedo l'immediata mala sorte
d'umana belva sembrano inseguiti:
con l'evidenti ragioni distorte.
Non vanno i bimbi mai così puniti,
ma quel persegue solo l'intervento
prendendoli dopo averli sfiniti.
Presagisco loro peggior vento;
uno lo prende al collo il maledetto
sollevandolo senza esca lamento.
Così, gridando l'espone a dispetto,
ben d'intimidirci sta cercando,
pure una pietra raccoglie di getto;
la scena a reagir mi sta invitando:
perciò da terra due pietre raccolgo
gliele scaglio, ma restano volando.
Sbalordito, ben lo sguardo volgo;
perché, mi chiedo, non vanno a colpire?
Grandi dolori in volti affranti colgo;
chissà perché li deve perseguire?
E con la pietra, il folle in un secondo
al bambino gl'impedisce ogni sentire.
Son di fronte all'essere più immondo
col bimbo in alto, poterlo noi notare
così, per sovrastare in questo mondo;
ma non m'arrendo e comincio a gridare,
in viso quel mi guarda inferocito:
gridandomi che mi vuole ammazzare.
Non sopporto però il suo spartito,
così va più feroce risultando,
colpendomi, per spavento avvertito;
sta pure infernale or diventando
in sue grinfie mi vuole metter sotto,
e mentre con odio mi sta ben fissando:
per ammazzarmi é partito di botto
e fuggo allora per potermi salvare
da questo pazzo che mi vuole cotto.
E ancor penando, senza più sognare,
per i lamenti, Giosa si é svegliata:
chiedendomi perché sto lì a gridare.