I primi giorni d'autunno
ancora caldi d'estate
tersa l'aria marina,
una mamma, un bambino.
Muto ma vivo si cela
nell'intimo il timore
e palpita la paura
nascosta nel viaggio.
L'allegro incontro
con altri bambini
lui e lei distrae
e la loro anima conforta.
La sera s'avvicina
gli sguardi ansiosi corrono
ed il sole che ancora brilla
l'oscura nube svela.
"Caro, ora devo andare..."
ma, la voce che s'incrina
e l'abbraccio che la smentisce
il suo respiro confondono.
L'intero mondo s'arresta,
immobile,
poi il battere del cuore che impazza,
l'uno l'altro sente, gli occhi s'accendono.
"No, no, non lasciarmi qui, solo, no, portami via..."
"Figlio mio io sono con te ma, devo lasciarti..."
Calma e dolce la voce con baci che frenetici li assediano
l'uno all'altra incatenati alla roccia di Prometeo.
Folletti gentili spezzano le catene
ma lui, libero da quel legame d'amore
come Achille a piè veloce corre
verso l'inaspettata fuga.
Corre e corre, a testa bassa com'è suo fare
e i folletti come cani sciolti rincorrono la preda
dal capo muta indotti a riportar dov'era,
ma, disperato ancora più veloce lui corre.
Un corto e d'erba campo di calcio
supera di slancio
però poco più oltre collinette e dune
la corsa frenano.
La sabbia i suoi piedi
affonda e poi,
il mare,
ferma.
"Ora cosa faccio?
Io non so nuotare..."
E per la pena che l'aspetta
angosce e lacrime lì, tutte le affoga.
Lui già prosciugato,
lei da prosciugare
l'ultimo strazio incontrano,
nell'abbandono.