Quell'odoroso faggio assente,
c'è sempre stato ma non è mai esistito.
È stato piantato tra un vento soffocante
ed una persistente e fredda nebbia.
Non voleva uscire,
voleva restare sottoterra,
lo sapeva già che quella vita
non sarebbe stata al suo livello.
Tra tutti i suoi faggi creatori non si riconosceva.
Anche quando è nato, è stato subito metaforicamente soppresso.
I faggi non lo capivano, erano troppo razionali e pratici.
La sua mente era incondizionatamente anormale,
creativamente artistica.
La vita, quella vita era una camicia troppo stretta per lui,
ogni piccolo movimento che eseguiva era faticoso,
stressante, frustrante, era di troppo.
Se ne andò presto, via da quei faggi oppressivi,
che detestava, perché non si sforzavano di capirlo,
di accettarlo, era diverso.
L'affetto che gli era stato negato era sempre rimasto là,
ancorato nel fondale del suo cuore sofferente.
Non riusciva ad amare, come lui non era stato amato.
Un faggio che voleva essere umano.
Un faggio che visse solo, nel suo deserto mondo d'arte.
Quel genio incompreso, incomprensibilmente non dava amore.
Rimase chiuso in sé stesso,
e nella sua orgogliosa ombra.
Perennemente scisso dal mondo.