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Il funerale di Edith, amore di adolescenza
Il rintocco funebre della campana,
si arrestò.
I sei Cavalli, con passo felpato,
raggiunsero il Sagrato.
Due lacchè
si portarono ai lati del carro,
presero in spalla la bara,
e lentamente,
su per l'enorme scalinata,
entrarono nel luogo Sacro
per l'ultima benedizione.
Anche il cielo era vestito a lutto,
grigio e scuro
fino all'orizzonte.
L'urlo della mia disperazione
rimase in gola,
volevo gridare al mondo
che non era giusto,
gridare a me stesso
che non era vero.
Fui solo capace di piangere.
Anche il cielo si commosse,
grossi fiocchi bianchi
accompagnarono il mio pianto.
Un gelido torpore mi invase,
come un'automa,
senza più energia,
rimasi paralizzato
per tutta l'Omelia.
La campana
riprese il lento rintocco,
come una scudisciata,
il lugubre suono,
scosse il mio torpore.
Mi precipitai all'esterno,
attraversando
la Chiesa di corsa,
arrivando senza fiato
fuori al Sagrato.
Troppo tardi,
ma forse al momento giusto.
In lontananza, il carro,
coloratissimo
da Garofani e Rose,
che mille mani pietose
avevano adornato,
scompariva alla mia vista,
nello scenario
immacolato
della città coperta di bianco.
Il trotto elegante
dei sei Cavalli,
il sontuoso scalpitio
sulla soffice neve,
impressero ricordo indelebile
nella mia adolescenza.
Sei Cavalli alati,
in un giorno di fine Inverno,
rubarono
il mio Sole
portandolo in alto
nel cielo.
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