Ora abbiamo lasciato il mare,
viaggio sola su questo treno
da cui mi lascio cullare.
Sola con i miei pensieri,
della mia vita loro i passeggeri.
Un uomo con gli occhiali scuri,
una signora sta accarezzando un cane,
un raggio di sole taglia il finestrino,
un anziano solo, una ragazza che
si controlla il trucco,
una mamma ed un bambino,
via vai lungo il corridoio, ruote, passi,
fermate, scossoni, si riparte sempre.
Chissà se ci ritroveremo o se siamo solo
comparse su di un treno.
Versi tra le righe di una vita,
come una poesia
difficili o semplici da interpretare come la mia.
Lo si legge negli occhi che tengo bassi
polaroid sbiadite le voci di un passato
-sei strana figlia mia-
diceva mio padre
forse triste, per mia madre
ero io, mi rendo conto
quella di oggi.
Una macchina cerca di superare
ma inutilmente, il presente corre
e diventa già passato.
Un tunnel che inghiotte il treno,
come i ricordi l'anima
sospendendo in altra dimensione il cuore,
il buio sembra senza via d'uscita mentre
si fa più cupo il rumore,
quanta gente che soffre, quanto dolore.
Suonano i telefoni, la tecnologia
ci unisce e ci allontana, c'è campo,
manca un ascolto.
Viaggio verso il futuro che mi scruta
da lontano, il passato è dietro è filtrato
assente, tra le braccia del presente.
Il futuro è un treno,
con tante carrozze e tanto posto
per tutti almeno,
mentre il controllore si avvicina
ripongo la mia penna e il mio destino,
-prego biglietto-
per ora viaggio, sono fortunata,
vicino al finestrino.