Il cielo della città,
il cielo della montagna,
uguali, entrambi,
speranze che rapiscono
d'azzurro, cuore e pensieri.
Il cielo della città,
il cielo della montagna,
... fratelli, come Caino lo fu d'Abele.
Uomini affastellati,
sotto il primo, fascine indistinte
d'anime, gioie e tormenti
sguardi tenuti bassi si eludono,
l'un l'altro, chiusi dentro confini
di vite parallele, custodite
tra case e strade
e sotto i mille passi, incalzati,
gorgogliano chiaviche e sentimenti (occultati).
Sotto il cielo sottile dei monti
fruscia/urla solo il vento
raccoglie dai valloni inabissati
radi gridi d'uccelli,
suoni rapaci vecchi come il tempo
e al mezzo dì
qualche palpitazione di campana,
persa per caso, lontana
lungo i displuvi impervi
poi nient'altro
solo l'immobile silenzio,
se l'aria si è fatta calma.
Più in basso il mondo intero
è disteso, sfumato, incerto,
appare e non appare,
ma ovunque guardo... c'è
... e il cuore se ne colma.