In questi giorni n'intravedo dove sei
svuoto i miei geni
di madre e figlia in un'essenza
diniego il sondare la misura del sentire
il credo, oggi
non prende ordini dal cuore,
lascio che faccia il suo mestiere di motore
che issi e scenda
nella carrucola di globuli scarlatti
la forma più essenziale della vita
ha troppi buchi, del presente
il velo grigio
che separa me dal cielo
tulle tarlato d'un'ancestrale sposa
che sul sagrato della chiesa
attende e spera
invano
il promesso tempo di gioire
quando nascesti non sapevi
Mamma
nè io lo seppi
Donna
che i petali si perdono nel vento,
perchè la primavera è dolce e greve fortunale
soffia
finchè lieve ma decisa oltre confine
sperde l'aroma
mentre urla la sua croce senza chiodi
assi slegate
dai legami saldi che deruba
lasciando del passaggio poche gocce di rubino
su una spina,
acuminato altare
ara sacrificale adorna di fogliame rugginoso
acquaforte
del profondo labirinto che non serba desideri,
scrigno d'inabili parole
ove la notte sorge e affaccia, roca
e si rannicchia
sotto il peso del sigillo ombelicale
e dove l'anima vagisce e sugge senno al seno
nel ventre tuo immortale
brucia il sale
rugiada di cristallo, che all'asciugare nella bora
stagna l'orli alle ferite
col perdono.