Quel giorno fui felice sull'apice del monte
poiché la felicità è vapore d'anima
s'innalza come bruma verso il cielo,
e azzurra nell'azzurro si confonde.
Lambisce nel volo vuoto vette, nuvole
e aria pura, svuotata d'aquila e gabbiano.
Ristagna in basso dentro il fango
la carne, che nasconde ossa e sangue,
e non trattiene anima e pensieri.
In faticosa lotta con i miasmi neri e pesanti
solcata dalle pene lungo rivoli di pianto,
ama, dispera, spera, s'ammala, invecchia e si compiange.
E guarda dal suo letto, con invidia, il cielo che non muore
ignora la dimora, in quella luce, del freddo siderale.
Ruotano gli astri in orbite perfette senza inizio e senza meta
ed ogni ora è scrigno d'un infinito uguale.
Nella palude, appena rischiarata,
s'accendono passioni come fuochi ardenti
nel caos della vita e della morte, dell'odio e dell'amore,
qualcosa nasce, qualcosa muore,
ma la carne anela il cielo e si dispera e non comprende:
che l'oggi è tutto lì nel fango!