Icona di debito che mai potrò estinguere;
non ero meta del tuo sentiero antico.
Quando mi sbarcasti in questa vita
con un grido gioioso, felice fu mio padre.
Ma partecipasti anche tu a quella festa?
O mi mettesti al seno come una strega mesta
che allatta l’oggetto d’un occluso destino?
Ora ancora, mi porgi la tua mano
in questa campagna
dove mi conducevi,
dove erano olive tutti i tuoi rimpianti
e mi scartavi le dolci merende
come a volere schiudermi un passato…
Io neanche mamma:
un amore è lo stesso di un dolore
le colpe con te una condanna,
uno scontato sconto e niente più.
Chi ti sorride adesso? Chi ti ascolta?
Lo scialle avvolta ad un’anima gigante.
Nutri le tue galline e strazi i gerani.
Volgi senza fine la preghiera
ai tuoi ingrati e mediocri amori.
Della seconda vita, letto di immenso,
affetto posto sulla cresta di un baratro
cosa ti può esser dato ancora indietro?
E tu, in silenzio rinunci al tuo ceduto.
Cosa sono questi incorporei versi
quando gli stessi non posso ammazzettarli
chiedendoti perdono,
preludio a un altro
che ti chiederò?
Quando sai che mento al desiderio:
cambiarmi in vecchio per la tua gioventù.