Ricordo quando ero una straniera,
in quel freddo palazzo di città...
Dove mi trovo, oggi il gelo
impera,
Ma diamo tempo al tempo...
Ricordo come un soffio,
quella sera,
accesi per scaldarmi la TV...
Questa era assente.
C'era un torrido clima
e in quel silenzio,
l'opacità del giorno mi spaurì.
Nel cuore del silenzio, parlò
il vuoto: l'ora è fuggita...
non cercate più...
Rivolgevo un saluto alle credenze,
col vasellame e i ninnoli, i bijoux...
Mi aggredì una vertigine;
tremò la terra...
si infrangeva il vetro...
Fuggiva il tempo dietro
a quei cristalli
dai filamenti d'oro.
Si condensava il sangue,
ma sentivo
il cuore di biscuit di quelle figlie.
"Mamma, Papà, mio Sposo!...
non so cosa mi accadde, ma
sappiate, che siamo salve."
L'istinto mi portò fuori dell'uscio, nel
bianco condominio, ma di scaglie.
Suonavo ad ogni porta ed il livore
di quel silenzio, mi aggredì di nuovo.
Caddi in ginocchio e fu l'ultima porta,
a dirmi che ero viva.
Aprivi al primo squillo
ed eri sola... Malata e bella.
Mi hai detto dolcemente:
"Non ho udito, ma sento il tuo
respiro: non è successo niente.
Venga a trovarmi che son sempre
sola."
Signora Agnese,
mi travolse il fato...
ma quell'invito che scaldò
il mio cuore, non l'ho dimenticato.
Grazie.