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Ah! quanti fiori mutanti Eulalia
... Di scarafaggi è ormai un invasione
odor di muffa mesto e perentorio
dalle pareti di questo salone
che un di era sede del laboratorio
di un giovane scienziato mattacchione
che di nome facea Giovan Vittorio.
Lui e la moglie Eulalia erano intenti
a far continuamente esperimenti.
Dai quali ricavavano proventi
appena per sbarcar due settimane
ma loro si dicevano contenti
vivean d'amore e scienza e non di pane
in quanto è vero ch'eran due portenti,
roba che a bocca aperta si rimane,
a riprodur sequenze di natura
clonando la genetica struttura.
Di questa poi facevan gran mistura
creando nuove forme d'esistenza
di alberi, di fiori, di verdura
finanche di animali all'occorrenza
e appena fuori dalle quattro mura
stavano i frutti di codesta scienza
nascosti alla morale che fa guerra
protetti sotto i teli di una serra.
L'estatica follia talvolta erra
spingendosi troppo oltre gli orizzonti
fin quando il grembo offeso della terra
se non è prima poi presenta i conti
feroce allor la sua vendetta sferra
tagliando alla speranza tutti i ponti,
natura cosa assai meravigliosa
sa essere altrettanto disastrosa.
Così un amore sopra ad ogni cosa
finì in un tentativo singolare,
quei due volevan fare di una rosa
un fiore che sapesse ben cantare
ne venne su una nuvola gassosa,
per non usare un termine volgare,
Eulalia soffocando in quel tanfore
portò con se anche il gene dell'amore:
Veloce si precipita il dottore
cercando di salvare la consorte
cercando di riprendersi quel fiore
stappandolo dall'unghia della morte
il cuor gli si costrinse nel dolore
ma della scienza sua si fece forte:
vederla viva ad ogni condizione
come ve lo dirò in una canzone.
Una scia di pulviscolo acceso
da un'anta socchiusa
sottolinea su un tavolo sghembo
una rosa recisa
nonostante lo scuotere folle
delle mie mani intrise di scienza
quando l'anima esala dal corpo
buonsenso consiglia
di usare pazienza.
Di pazienza ne ho avuta fin troppa
almeno tre ore
il buonsenso ad un corpo ormai freddo
non rende calore,
sfiderò la sostanza di Dio
ed una sorte meschina e reietta
riesumando il mio pevero amore
da un brodo di carne
clonata in provetta.
Ah! quanti fiori mutanti Eulalia
ah! quanti ibridi urlanti Eulalia
ah quanti geni volanti Eulalia.
Avremmo avuto il più folle giardino
se solo tu fossi
rimasta di più.
Si delinea un abbozzo di schiena
dal piccolo embrione
mentre immagino il resto del corpo
in perfetta stagione
quando un cruccio m' acciglia al pensiero
dei tuoi vent'anni sgorganti dal seno
rivedrò quel profilo di donna
che avrà del mio viso
troppi anni di meno.
Quanto ancora Archimede galleggia
sui sali da bagno
tanto il grido Eureka gia trama
una tela di ragno
chiusi a chiave pazienza e buonsenso
fuori di casa fra l'uscio e le stelle
clonerò le mie giovani membra
dal brivido rosa
di un lembo di pelle.
Poi quanti fiori mutanti Eulalia
poi quanti ibridi urlanti Eulalia
poi quanti geni volanti Eulalia.
Avremo certo il più folle giardino
fra il tuo clone esatto
e la copia di me.
Ma la copia è per niente conforme
alla pagina buona
cento e più pateracchi falliti
fra il clone e la clona
ormai stanco dagli anni concludo
e mio malgrado ne provo rancore:
si può forse clonare la carne
non si può certo clonare un amore.
Una scia di pulviscolo acceso
da un' anta socchiusa
sottolinea su un tavolo sghembo
una rosa recisa
nonostante lo scuotere folle
delle mie mani intrise di scienza,
quando l'anima esala dal corpo
bunsanso consiglia
di portare pazienza.
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