Il frastuono del cielo
venne a spogliarmi dalle lenzuola,
distogliendo la quiete del mio riposo.
Uscii dalla stanza sporgendomi dal balcone.
Gli rivolsi lo sguardo appellandomi alla sua ira.
Gli chiesi la causa di così tanto sgomento.
Non feci altro che alimentare la sua collera.
Allora scelsi il silenzio,
come via più breve per raggiungerlo.
Pregai di rimembrare, i suoi giorni più eterei.
Sembrò placarsi.
Quando, improvvisamente,
sentii una voce,
una voce antica bussarmi l' intelletto.
Era la voce del cielo.
Mi concentrai su quelle gravi frequenze
e chiusi gli occhi.
Mi parlava con tono aulico ma tremante,
come se contenesse tutta l' enfasi del mondo.
Non sono sicuro
se erano lacrime malinconiche o di commozione,
ma senza che me ne accorgessi iniziò a piovere.
Mi confessò che tutto quel dimenarsi,
tutto quell' accendersi di energia,
era perchè in tutto quel tempo,
non aveva ancora imparato a parlare,
i secoli avevano diluito il suo saper comunicare.
La gente non alzava più le palpebre per ringraziare,
ma solo per condannare.
In breve esaurì le gocce,
le nuvole che le avevano partorite si diradarono
mentre venivano sventrate da un raggio di sole, che mi accarezzò il viso.