Nelle notti tranquille d'agosto
su un muro, un uscio, o
un languido prato
parlar con la luna e le stelle,
parlar di parole mai dette
ed altre mai scritte,
rimaste
nere d'inchiostro viscere;
sospirare baci mai dati,
perduti fra sguardi
nel silenzio urlante
dell'aria,
poi morti,
ascoltando un leggero frastuono
di passi.
A volte solcare,
equipaggio di fresche navi,
onde in burrasca e
gorgoglii di flutti,
perpetue e immemori forme
di spazio e tempo,
aspettando ansanti momenti
che infine vicini
si svelano
dietro bellissime maschere.
Ma ecco d'improvviso
s'innalza da lontano
un richiamo di festa:
s'abbandonan ragione e pensieri
a inverni ben più lungi
mentre sul viso s'allarga
un sorriso dagli estivi profumi;
e allora gli occhi e la mente
si gettan più in là d'ogni
sfrenata corsa,
verso dove svettan alti
monti di speme,
s'estendono immensi
oceani di pianti gaudi
o dolenti,
foreste vergini scuoton
le fronde di sfida e,
di nuovo,
una luna chiara consola
le notti d'attesa.