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La Partoriente
Gaudio t'involge, oh madre, di vita nuova, in te si culla in grembo liquida onda.
Balbettìo in flutto di dolcezza, quand'anche nel dolore il frutto pressi
con soffice e morbido oscillare, evoluzioni in lùdica giostra.
Trepidi avvisi al cuore e alla mente si levano dal corpicino di tenerezza,
segni d'annuncio e di grazia nascente sì come ogni alba si spande in luce,
agile e perentoria in superfici sconfinate, l'incontenibile e florida speranza
di moltiplicare l'umana esistenza nel miracolo di ciglia vive e gioiose.
Or questo tempo di te sospensivo, di battiti a dismisura, oh donna,
affolla i giorni e le notti di pensieri, scandisce indomiti galoppi nei sogni
distanti e indecifrabili orizzonti,
che osano violare firmamenti
sinché planano sul pianeta
accordi neonati e vagiti di libertà.
Meta galattica d'ogni vita pura, simbolo di splendore in aurea favilla,
stretto in alleanza d'altre comete ruotanti e luminose intorno al cosmo,
per vigilare sul destino d'ognuno in cui l'umana materia s'è forgiata.
Albero di vita, attesa d'uomo, seminato in terra d'amore,
germinato in custodia serena, protetto da ogni vento avverso
che mai possa inaridire la gemma e piegare la vita al suo trepido farsi,
fuscello stretto alle radici della fede: suo nutrimento primigenio;
fiore infante proteso a mirare il cielo, nella prerogativa del sole,
ramo fiorente che ambisce lecita libertà 0
d'ogni presunta ventura di vita, ed infine,
uomo ammonito alla parabola dei tramonti,
mentre il giorno si declina in arco di ponente.
Luce nella luce di floride albe tra le pareti bianche di luogo natìo,
qui sarai madre, oh donna, percorsa di tremula gioia e raggio di fede
sceso dall'alto a illuminare la vaporosa stanza
con tenue bozzolo ed opacità di riflessi,
in un mese estremo di fioritura proficua di grazia e di raccolti
quando gli occhi di madre rilucono di pianto,
come cristalli salati che profondono letizia.
Poi, di primo sole s'effonderà l'oriente in luminescenza virginea d'aurora,
ove l'astro, qual tenero infante, accenderà la culla di moine chiassose.
E la sera, s'acquieterà dormiente all'ombroso mantello degli ulivi
e i filari d'uva indosseranno le purpuree vesti in vendemmia di gloria,
stagione attesa di mietitura nel nido festoso della casa.
Amerà il mare il tuo bimbo, oh madre, presto ergerà castelli sulla riva
sfidando l'onda estenua di spuma sino alla cinta delle sabbiose torri.
E delle sue sollecite primavere, serberà le carezze da te profuse,
ponendole nella teca del cuore sempre proclive alla dolcezza,
serbata custodia di gioie e dolori. E nella memoria, attese e conquiste
sin dove il sibilo remoto del vento incalzerà e susciterà l'eco dei giorni,
degli istanti incisivi ai moti dell'anima, evocanti ed inderogabili, protesi
al desiderio di rivivere il tempo di candori afferrabili in pienezza
d'un sorriso in schietto divagare fanciullo,
frenato a fatica dalle braccia materne.
Tu donna, impareggiabile stella,
madre di comete affidate al mondo,
mi sei cara come lievito di pane in palmo caldo d'affetti.
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