Adesso che li sento incamminarsi, i figli
ricordo il tempo della sete di volerli grandi
sfogliando i giorni come scatole cinesi.
Timbri di voce allora immaginavo,
caratteri sorgenti da scoprire,
come orizzonti di un impaziente sogno.
Ora mi volto per ritrovare quell'acerbo
sommerso dall'oceano del tempo.
Gli occhi di prima luce, quelle finestre aperte,
oltre il vivace ciangottio delle parole
e sento ancora la stretta delle mani,
piccole mani, paffute tra le mie
colme di luminosa vita che incomincia
ed il disordine dei giochi, ora mi manca
giorni inventati sopra il pavimento
scrigno di tutte le avventure,
tornato in fine pietra indifferente.
Resta per me, prezioso più di prima, l'eco
radioso della catena che lega quei ricordi
e lascia il cuore a pendere nel mezzo.