E me ne sto qui
ad aspettare il niente
-la telefonata, ricorda
un brano recondito
-gli occhiali, un altro.
Svuotandomi osservo
il chiaror plumbeo del cielo
o il rimbalzo delle gocce
sul papiro, sminuzzandosi
sferzate dalle foglie.
-no il ticchettio dello scroscio
sul tetto. Ma quanti siamo?
ognuno ambisce di protagonismo
di fronte al foglio intonso
su cui nereggia la penna.
-macchè, guarda bene...
ecco che albeggia la mia campagna
i poggi digradanti
e il viluppo di case
screziate dalla pioggia,
ricordi, oppure quella colata
immensa di nebbia...
-te la ricordi?
forse mi scoccio di attendere
-macchè, ho sonno
-la partita, sei già
in ritardo come al solito.
Quante voci centrifughe
ma per ora la burrasca
naviga, parzialmente mitigata,
la mia inerzia taciturna.