Dieci mesi avevi, beatamente dormivi
un sonno profondo sognando chissà
quali giuochi, compagni, merende.
Il piccolo piedino insicuro, appoggiato
da ore in alto stava come sospeso,
e soffriva in quel modo.
Le mie amorevoli mani leggère lo colsero
per donargli un comodo sicuro rifugio,
nel profumato tuo innocente giaciglio.
Ahimè, il sonno Divino in un attimo svanì,
un pianto angelico si levò nell'aria silenziosa
spalancasti gli occhi, davanti a te uno sconosciuto.
La nonna dolcemente dondolò la tua culla
per donarti la pace ingiustamente rubata.
Il mio cuore soffrì per averti tradita,
ma il tuo dolce sorriso come un miracolo
colmò il mio cuore di tanta gioia.
Ti chiesi perdono e tu, di nuovo sorrisi.
Nei tre anni d'asilo cantavamo insieme
le lieti novelle che ogni giorno imparavi:
un disegno per me e uno alla nonna
sventolavi felice correndomi incontro,
al suono festoso della campanella.
Gioiosi, son stati per me quegli anni fugaci.
-Zio, zio, prendimi- urlava la tua giocosa vocina,
non naturale, ma zio putativo, ed ero felice
di questo regalo, e giocare con te.
Quante corse in bici, quanti calci al pallone,
rincorrersi a vicenda e poi cadere,
sbucciarsi le ginocchia sul duro sterrato.
Scilla e Nerone pigramente abbaiando
puntuali rincorrevano ogni trattore,
scacciando l'intruso lontano da te. Micol,
piccola Principessina, generoso dono di Dio
diventavi grande e il giusto sapere
t'allontanava sempre di più; tristi i miei giorni
senza di te, ormai lontana dagli occhi miei.
In rare occasioni posso ancora vederti,
troppo poco per me dolcissima figlia perduta
il mio cuore ti chiama, soffre e piange in silenzio,
è stato privato della linfa vitale: è giusto così.
Il tuo posto è altrove, assieme ai tuoi cari,
parlerò al mio cuore saprà capire e,
ogni giorno ti amerà... sempre di più.