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Libia: lealisti nel cuore, ribelli no
Parlano di democrazia
ma hanno gusto a
fare i satelliti,
dominati dagli occidentali,
parlano di diritti umani
ma combattono uguale
tagliando oleodotti,
saccheggiando libici,
si fanno aiutare
da oltre venti paesi,
per poi accusarli
di non fare abbastanza
che ingrati, ingordi
d'assistenzialismo
incapaci di vincere,
da soli.
Parlano di democrazia
ma la gente che
ama Al-Jamahiriya,
non viene considerata,
credono di gestire bene
ma si sono dimenticati
che grazie all'enfatico rais
lavoravano più di
tutti i paesi africani,
si credono all'avanguardia
ma le comunicazioni
satellitari sì,
sono dei verdi soltanto.
Parlano di democrazia
bruciando i palazzi
della loro storia,
si sentono libici
sventolando
i tricolori francesi,
rifiutando le province autonome
ed ogni negoziato,
dimenticano che
pacificamente il rais
aveva ottenuto
un enorme risarcimento,
il trattato d'amicizia,
per il suo popolo
ma uccidere
un superuomo è
un sano principio
della loro moralità,
adorano la mediocrità,
l'assenza dell'io.
Parlano di democrazia
raccontano valori
nei fatti inesistenti,
girano armati e
contro tutti tra loro
anche in città senza guerra,
privi d'identità e
rispetto per l'Africa,
unici in continente
che arresterebbero
lo status symbol libico,
accomunati da un odio,
verso un'intelligenza geniale,
dominante sì
ma genorosa a proteggere
l'identità di un popolo
che senza lui
e Al-Jamahiriya
tornerà sottomesso
al volere straniero,
vivere su debiti inventati
e risorse, degli africani.
Parlano di democrazia
per realizzare l'opposto.
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