Una sferzata di lapilli mi corrode la fronte gelata.
Gocce d'acqua bollente,
marciscono
sulla mia pelle incartapecorita.
Come se non bastassero quelle microscopiche uova, germoglianti, nel mio cervello?
Schiuse,
liberano nugoli di osceni vampiri
che addentano terminazioni nervose ormai sfatte;
che mi fanno pisciare, vomitare e cagare contemporaneamente.
Parassiti famelici che sanno scuotermi le carni,
come scariche elettriche.
Si insinuano
fra le correnti pulsanti che mi alimentano
rilasciando deiezioni allucinogene che
lentamente
stordiscono i miei sensi.
E i miei ricordi si squarciano.
E ne viene rimpiazzato il contenuto:
Vedo mia madre. Poi, vedo una madre che non conosco.
È una iena gonfia di lebbra,
che scarica vermi da una figa slabbrata.
Scorgo la mia casa, e subito dopo la tana angusta di una serpe.
E ancora fuoco liquefatto.
In quel limaccioso naufragare
annaspo,
e fragile,
mi abbatto su scogli di parole che non capisco.
Scandite
da una voce
che come il vento stride
"Exorcizo te creatura acquae in nomine Deo,
Omnipotentis Patris et in virtute Sancti Spiritu"
Sanno rendermi folle di rabbia.
E ancora fiamme cristalline
Abbandonato da Dio, cedo alle lusinghe della Bestia.
- Infilati quel cazzo di aspersorio su per il culo! Figlio di puttana!
Il sacerdote non demorde,
anzi.
Impreziosisce la sua coreografia
con le movenze isteriche di una croce ormai capovolta.
Vuole scacciare via il demone.
Ma,
ormai,
il demone sono io.