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Come Romeo e Giulietta
Ignari ancor del vero
assorti ad ammirare,
chi senza cor sincero
conviene ad ingannare,
vi erano incantate
attente ad ogni scatto,
cento anime appagate
da quel secondo atto.
La bella Margherita
con aria da civetta,
saliva inviperita
nei panni di Giulietta,
su quel palco di legno
ad esaltar la gloria,
di quell'amore degno
di passare alla storia.
Ma solo qualche istante
prima di entrare in scena,
la nostra teatrante
a mo' di anima in pena,
aveva nella mente
l'immagine sbiadita,
di quel bacio innocente
dato a chi l'ha tradita,
senza ritegno alcuno
agendo sol d'istinto,
come chi è a digiuno
e dalla fame è vinto.
Ma quel dolce ricordo
le sembra rimbombare,
come un rumore sordo
che la fa sprofondare,
in un'angoscia immensa
che sfocia nel rancore,
un odio che si addensa
e le devasta il cuore.
Ed ecco tormentata
andar a passo adagio,
facendo la sua entrata
la sagoma di Biagio,
il re senza corona
interpreta frustrato,
nella bella Verona
l'eterno innamorato.
Vistoso è il ritardo
con cui è giunto Romeo,
nell'opera del Bardo
dentro quel mausoleo,
or la crede morta
e si toglie la vita,
mentre lei è risorta
e poi la fa finita.
Scroscianti applausi in sala
di complimenti a iosa,
sipario che si cala
in quell'aria festosa,
or che nessuno ascolta
nel mezzo del clamore,
lui per l'ultima volta
le parlo' con ardore,
con il suo fare rude
che ella amava tanto,
le disse :<<amo Gertrude>>
e lei trattenne il pianto,
Così con tanta pena
a causa del rancore,
lì fuori dalla scena
è morto un vero amore.
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