Rovente, matura, Tehran si risveglia assetata,
rabbiosa, riflessa nei miei passi del mattino.
La città ribelle ha frantumato il potere
ma non salva, non inveisce, non ferma la mattanza.
In gabbia lo spirito si innalza implorando coraggio
ma i giovani tremano, illuminati dalla ragione.
Le bolle di ossigeno raggiungono il cielo,
lo fanno frettolosamente, sfuggono al controllo
e svuotano polmoni colmi di speranza.
Trascinata negli abissi della violenza
mi dimeno, sto impazzendo, non respiro.
Mi chiamo Taraneh... e sono già morta dentro.
Nelle ferite si è dissolta la gioia di una donna,
tra i respiri brutali resta esanime la vergogna,
le notti prive di quiete hanno avvelenato le farfalle
e tra le ceneri l'identità di una ragazza si spegne.
Mi chiamo Taraneh Mousavi... e sono già polvere lontana.