Avevo una vita soltanto
cresciuta in quella timida conchiglia
d'amore fraterno e silenzioso
che Dio mi diede per culla;
scelsi di sfidare la tua schiavitù
di essere siero invisibile
della resurrezione del divino
per liberare la voce della dignità
di una vita davvero vita
dal carcere nauseabondo
del tuo corpo troppe volte profanato
da mani unte
di assassini di dignità;
santo non fui nè sono
ma umile e indefesso servitore
del Dio di cui mi innamorai
prima ancora di scoprie
cosa fosse l'amore;
dissi a quelle strade fetide
odoranti di Euro e di clienti
morti senza sapere di esserlo
di dimenticare per sempre il tuo volto;
mille volte ti chiamarono puttana,
mille volte ti sollevarono la gonna
animali incancreniti
da accecanti morbosità corporali;
Dio mi chiese
di raccogliere i frammenti
del mio traballante esistere
perchè ti potessi aiutare
e chiamarti vita,
per sempre
felicità di cui nessuno
se non tu stessa soltanto
puoi rivendicare la proprietà.
Sono don Oreste
e chiunque tu sia
da qualunque angolo di cosmo
tu sia stata resa schiava
del tuo stesso corpo
guarda la mia stella
tra le braccia cobalto del cielo
e mi vedrai
vestito da preghiera
per non abbandonarti mai.