Mi scorgi piangere
sul tuo legno dolcemente lucidato
come uno spicchio di inquieto inverno
placato dalle carezze della nebbia
mi innamorai delle tue corde
bambino che mai seppi di essere
perchè fosti tu
a rivelarmi a me stesso musica
e a scandire
la misura rinfrescante dei miei anni;
quante orchestre
baciasti con la seta eburnea delle tue note
creatura cesellata
dalle dita color genio di Stradivari
riuscisti tu e tu soltanto
a condurre il gemito delle mie mani incerte
lungo le spiagge
racchiuse in ragnatele di sole
di moti perpetui
e arpeggi inconsueti.
Ora la tua voce
tenera come magnolia
ha deciso di riposare per sempre
tra le labbra del legno
che accolse fiero il tuo vibrare;
ma un altro legno orgoglioso
ti attende
nella magia ineffabile
di una risurrezione sonora
torna dunque a volare
fratello violino
che trovando la morte la scacci
scalpitante tuonare
di antiche, immacolate tradizioni tzigane
e ragione della mia armonia
che sempre desidera inventarsi
nuova armonia.