Tu solo, specchio
le lacerazioni conosci
di questo mio scomposto
ingannevole, incatenante cibarsi
che si insinua preciso
come un coltello di rame
nei recessi del mio tremante ventre
mangiare
come missione suprema
del dimenticare
o forse soltanto
del volersi rifiutare di ricordare
il corpo di donna
che mi fa donna
desiderosa di diventare sorda
ai rumori ansimanti dell'anima.
Il frigorifero troneggia
spavaldo e ricolmo
come le tasche traboccanti
di un manager dalla vita insanguinata
dal calpestio della brama di ricchezza
le mie lacrime
incapaci si riscoprono
una volta di più
nel diario indiavolato del sempre
di arginarne la porta;
si apre e si offre
come una danza accecante di morte
e le mie labbra
non sanno mai nascondersi;
resta soltanto
l'ombra della mia morente ombra
abbracciata alla tazza del bagno
con il dovere di rimettere
quanto desideravo fosse vita
e invece era soltanto
il ruggito del mio cadavero
di ragazza fragile e insicura.