Lascia che le mie gambe
scoprano la libertà
di quella corsa che salva il tempo
dalle angosce del tempo
e per te sarò soltanto
diadema smarrito per sempre
che colonizzerà le tue notti
perchè divenga in te
ardente forma compiuta
imprecare contro i giorni
in cui per me fosti
cintura ignobilmente violenta e vigliacca
sulla mia pelle ancor bambina
o mani nude da orco
che umiliava il suo essere uomo
percuotendomi le guance rosse
come la mia timidezza e la mia paura
e come la tua vergogna.
Lascia che i miei passi
assaporino la scia di quella porta
e quel tuo educare
ipocrita e borghese
di cui ti pavoneggiavi
con quegli stracci di persone
che ti acclamavano
stupido e insulso eroe sociale
e non avrai più
memoria di padre
perchè resterai orfano
di memoria di figlio.
Dio ti perdoni
essere di latta e guano
per tutte le volte in cui
avesti il coraggio di chiamarti uomo;
lui ti attenderà
con la bisaccia color sangue
ricolma delle percosse che mi riservasti
e allora i tuoi soldati di violenza
di abbandoneranno per sempre
schiavo di un eterno rimpianto
per non esserti mai concesso
al sublime, inebriante
piacere di amarmi davvero
come ruscello del tuo sangue indegno.