Danza lo sguardo
al ritmo frastagliato della pioggia
mentre un bagliore impazzito di luce
si ribella alla sua abatjour
fino a imprigionare il mio stilo
e condurlo nel regno tremante
delle mie dita
che si ingannano per non ingannarsi;
e si compone intanto
in un fascio inafferrabile d'ombra
una litania martellante e materna:
"scrivere
per scorgere il segreto del ridere
per liberare uccelli di pensieri
dalle tagliole delle convenzioni
per scorgere il senso dell'esistere
al di là delle proprie passioni;
scrivere
per insegnare alle onde a parlare
per non maledire
il volo scostante e bellicoso
di esili zanzare
per dire sempre ai proprii occhi
di non vergognarsi di guardare;
e scrivere
per dire a un cadavere decomposto
che in lui ancora pulsa la vita
anche se sembra irrimediabilmente
una pagina tramontata ed esaurita;
scrivere
per dare un'identità ai proprii affanni
arrampicarsi sul dorso degli anni
non maledirsi mai
se si è nei proprii panni".
Il telefono rantola
chiamate a cui mai ho risposto
nascoste con il rumore lacerante
di una scrittura incompiuta e immatura;
i versi,
fetidi assassini
si conficcano ancora
come schegge di vetro
nel ventre indifeso di un foglio
la litania assiste compiaciuta
e si va di nuovo gonfiando il petto;
"scrivere
per rapire il sapore del vino
per seppellire i pugni del destino
per inventarsi uomo
senza rinnegare il proprio bambino;
scrivere
per schiaffeggiare l'egoismo
per esaltare l'eroismo
per cancellare il qualunquismo".
Il cielo si mette il vestito migliore
e la litania si ritrae
troneggia una voce soltanto:
"scrivi
perchè te lo chiesi io
perchè in ogni parola
tu senta l'impronta di Dio".