Il pallone somigliava
all'ombra di una donna trafitta
da una spada di grasso stupratore;
con voce di consumato tenore
il dio dello sport invocava
ma la risposta
scelse di non farsi scorgere risposta.
Sugli spalti
vermi ebbri di birra e di follia
tracciavano strisce di indelebile violenza
il pallone rotolava impotente
su uno sbuffante rettangolo verde
mentre la morte estraeva a sorte
nuovi nomi di cui cibarsi
in quella sera odorante
di invisibile maledizione.
Liverpool - Juventus
finale di coppa dei campioni
sputava un insulto tabellone
su tifosi che si scoprirono morte
in un grido di giubilo spezzato.
Il calcio di rigore
impietoso sorrise
su quella maledizione
le mani protese all'urano
di Michel Platini
inebetita
insensata sensazione di vittoria
tra quelle luci che custodivano
ormai solo frammenti di cadaveri.
Ma la giostra del calcio
programmata fu,
anche in quel momento
per non udire nè guardare
il trofeo si protese verso il cielo
come uno sghignazzante
ripugnante aquilone
epilogo tetro e ignobile
di una partita maledetta
che vide troppi innocenti partire;
il pallone ancora geme
in un angolo recondito
di un Heysel che il vestito ha cambiato
per coprire di festa
il ricordo di un agghiacciante
perfido, funerale.
Dove un uomo muore per sport
là la vita smarrisce la voce.