Ti generammo
estensione della nostra scalpitante simbiosi
che aspirava a farsi
preghiera di comunione con l'universo;
ti cesellammo gemma di autentico amore
nei primi giorni ti sventolammo
dinanzi ai compiaciuti
fors'anche ipocriti e forzati
sorrisi di parenti e conoscenti;
del male non ti capacitavi
rantolato da schegge di televisione feroce
il tuo corpo si scopriva ragazzo
fino a macerarsi nel conflitto
supremo e lacerante
tra dover essere uomo
e desiderare l'eterno imprigionamento
nella tua rinfrescante ragnatela di bambino.
Quante volte
desiderasti che il tuo dubbio
divenisse nostra missione per sconfiggerlo
quanto ci sorprendesti
sul divano stritolati da programmi demenziali
ad alzare il volume dell'apparecchio
perchè i tuoi drammi
ci impedivano di sentire le voci del tubo catodico;
quel rumore complice
soffocava il brusio accecante
del nostro non saperti essere genitori
non ascoltarti
per non scorgerci fallimento,
per non sfidarci
per non violare le nostre certezze di cartapesta
per non capire
che tu desideravi capire.
Perdonaci, allora,
se dovesti creare in te stesso
la voce del tuo traballante crescere
per inventarti persona fiera e responsabile.
Ti creammo
ma mai davvero ti amammo
e quanto ci resta ormai è soltanto
la maledizione graffiante
di non poter risuscitare quel tempo
in cui non abbiamo voluto essere
nelle contraddizioni del tuo tempo
che invocavano attenzione
amore che non si vergognasse
di essere amore.