Mi chiamarono saltimbanco o guitto
ma a voi non altro cercai di rivelarmi
che come fedele missionario
di un umorismo che alleggerisce l'esistere;
nacqui principe
mi scoprii attore
mille pose per un solo orizzonte
i vostri sorrisi
innocenti e assetati di felicità,
nel sapersi leggere uomini
nelle proprie debolezze e oltre di esse;
ueh, Napule mia,
chistu core sempre t'appartiene
pecchè se o pubblico me vole bbene
è pecchè tu me ssi stata mammà;
se la vita essere mi volle
tristezza e amarezza
dolce Franca compagna
di mille faticose quotidianità
mascherate di gioia
seppi guardarla negli occhi
con volto, naso e movenze
da comico spensierato
che custodiva nei meandri del cuore
il sangue di purezza dei vicoli
le ninne nanne
all'ombra dell'inquieto ma maestoso Vesuvio
le quisquilie e pinzillacchere
dell'adorabile Pulcinella.
Peppiniello,
mia amata, insostituibile spalla
quanti ciak a braccetto vissuti
quante battute scambiate e raccontate
quante improvvisazioni
cesellate schiaffeggiando
la memoria di un copione
ora robusto alleato
ora stringente carceriere.
E adesso
int'a sta morte che è come na livella,
viviamo eterna, immarcescibile pellicola
che si staglia in cuori sconosciuti.
Un solo desiderio
affido alla stella che mi è dimora
potervi sempre vivere dentro
"a prescindere" dal tempo
come sempre mi peritai di essere
uomo di mondo
dipinto nell'anfratto di cuore
della sua Malafemmena.