Guardo le colline sulle quali cammino
in un alternarsi di valli e declivi
dove sale, come fiato caldo dalla bocca,
la fumosa bruma del meriggio.
Identiche, le immaginavo, da bimbo
inginocchiato, mentre increspavo
e ripiegavo la carta colorata
a formare crinali
perché il presepe ne avesse il contorno.
Ed oggi pomeriggio, dopo tanti anni,
e ad un mese da un altro Natale,
risento le voci dei miei fratelli
inginocchiati a scegliere il posto
della statuina del pastore in ginocchio
del pescatore in riva al laghetto
della donna con l'oca in spalla
dell'uomo che gira la polenta
della massaia che lava i panni al fiume
e del vecchio e della bimba col lume.
Non mi parlano più come allora
quelle semplici statuine di gesso
ed oggi, al mio Natale, manca la gioia di bimbo.
Ma sparse qui sotto a me nella nebbia che sale
e mi avvolge in umido silenzio
mi sembra di sentirle camminare alla greppia
e che io stia per tornare in ginocchio
ad increspare di colline il presepe.