Le mie mani infarinate di stelle
affastellano silenzi
tremano alla ricerca del senso delle cose,
del sottile bisbiglio di labbra
che teme di dar voce
a un palpito spezzato.
La mia chitarra accantonata
strimpella il suo lamento
come l'aedo nel vento
dissemina il suo canto.
Il sole che scivola sulla braccia,
rigido, in custodie di delirio,
accorda l'unica corda rimasta,
un si/bemolle,
su cui si arrampica
l'ultimo frammento di speranza.
Mentre viene sera
naufragano sulle darsene
le pazienti sirene,
e la mia stanchezza tradisce
un fremito di pioggia.
La Canon mi rimanda
scatti di fotografie
dalle cromie screziate
d'un crepuscolo precoce.