I palinsesti della morte inscrittisi sugli occhi
quando a notte dei commiati la bottega è chiusa
tutto attorno è spento e intorno tremuli i ceroni,
quando tutto è di silenzio foschi tremano sui muri
i lumi accesi colle lacrime al commiato meridiano,
I palinsesti della vita che si sporgon sulla morte.
Gli argini di mattutine dita come petali di strazio
che si allungano nel pianto e sondano una stanca
posa opaca sul cereo amorfo del tuo viso.
Gli argini di voci esuste che sedute fan corolla,
tese a lutto e tumide si slavano sul corpo
sigillato in un vestito bruno d'assi oblunghe.
L'aria immobile, l'odore del silenzio, la linfa reclina
dei fiori, ressa che d'incenso la navata strozza di respiro
a sprazzi, nel silenzio insano delle genti che si torcono
in penombra, in cerca di memoria. Un cesto ciascuno di
spettri di scene passate, un prato di candele a izzarvi:
- E il sole sgargiante fuori, appeso al pomeriggio.
La prua rapace del carro mette rotta verso il colle
Testimone a specchio il mare arretra e svela secche
le reti pregne di tue impronte. Le simmetrie di bosso
calibrate lungo l'ultimo selciato, il verricello incontro
la tua indifferenza, di corde l'avvinghia poi l'issa
verso il buco pronto di mattoni attorno, per celarti.
Non ci sono scale al cielo di parole De profundis
Solo l'umido rabbuio del sepolcro, il fasto della chiesa
a mezzogiorno, la veglia di mattina sulle panche d'obitorio.
I palinsesti della morte, la durata d'un dettaglio, con
L'opzione che dilati all'infinito e tu, incastrato
in mezzo, contemplante all'infinito un universo tuo.