A te mi avvinco
spavaldo eppure così fragile
risveglio rinfrescante di Natale
mentre il tuo sguardo
strabuzza gli occhi assonnati da un anno
per domare i fantasmi inceneriti
delle nostre promesse
che partirono ardenti
e si scorsero inconsistenti;
chissà quante nuvole anche adesso
al cielo in prestito chiedesti
con incedere di tenera vecchierella
che ebbe la missione di vendere felicità
al mercato senza tempo della saggezza;
che Dio non ci scopra
assenti o sfuggenti
quando il grembo di quei cirri
plasmi intarsi di pioggia argentea
per mondarci sovrano e in scalfibile
da germi di presunzioni
ricercate o inconsapevoli;
biancheggia candido il presepe
al cospetto del mio sguardo anelante
saltella tra ali di pupille smarrite
il supremo desiderio
del concedersi il vero dono:
riuscire finalmente
a essere dono
finchè cavalli colorati
dall'innocenza delle dita dei bimbi
ci facciano assaporare rinascita
nel percorso profumato di menta
che muove dal crocifisso
e ha come meta ogni cuore.
Ondeggiano libellule di miele
sull'allegria che scintilla dai festoni
come aerei che urlano la gioia
di essersi regalati un nuovo volo;
venite, siate ali
per i confini incerti ma amorevoli della mia mano
vi desidero messaggeri fieri
di inviolabili carezze
da cesellare sul pianto tremante
di chi ora ha per casa l'ospedale
o una serenata muta di stelle