Abbiamo lasciato
la scia di una gavetta
sporca e a volte insanguinata
abbiamo implorato
i frammenti della nostra anima
intrisa di polvere da sparo
e speranze di rinascita
di consentire ai passi
dei nostri commilitoni
svaniti in un sussurro bastardo
di colpi vigliacchi
di continuare a camminare
con noi, in noi, per noi;
abbiamo avvolto
i nostri corpi
indifesi e tremebondi
nel vestito dei sogni color pace
che ci siamo scambiati
in quell'avvolgente plenilunio iracheno.
Araba è quella magia
che veniva a visitarci la notte
con il carezzevole richiamo dei muezzin
per farci comprendere
di volere essere pace
con la nostra pace;
ci sorreggeva
come basaltica saggezza di avi
quell'orgoglio a stelle e strisce
che ci faceva respirare la patria
perchè fosse bacio di concordia
per altre patrie violentate;
amico
che vedesti un'alba
senza sapere che per te
sarebbe stata la visione conclusiva
la memoria di ciò che fosti e sentisti
sappi
ha frantumato i confini
di quella stringente bara in mogano;
più ancora facesti
che onorare la bandiera di cui fosti figlio
fosti bandiera per noi.
E ora
che il deserto è sempre più
panorama annebbiato
dalle lacrime di un addio
saremo il vero Natale
dinanzi alle labbra del camino
con i nostri figli
le nostre mogli e compagne;
caro Irak
ora più robusto e sano
sa essere il tuo fiato
che il cielo possa gridare così forte
da farti sapere
che ti abbiamo sempre amato
e non ti avremo mai dimenticato.