La cornice del giorno
scivola tra le dita
percossa dal vento attraverso le persiane,
col sole che batte ancora forte
sulle mie palpebre chiuse
Come una carezza ruvida, mi scuote e tormenta,
languido tepore di un indolenza selvaggia
Osservo l'ultima luce
risacca assetata di pace nel petto
e come una felce ondeggiante nel piacere pigro degli umori,
attraverso i centri nevralgici dello spazio
mentre discende copiosa dai ricordi
un'eco di fili di seta
dove il corpo si smembra
stillando l'orgasmo da ogni fibra
S'abbandona lento il tramonto sulla mia bocca addolcita d'argento,
tra le ciglia
una ferita setaccia ore nel giorno che passa
e gli istanti più belli
sfiorano il creato, lì accanto
cercando le lunghe dita della dea della notte
penetrata di sorrisi freschi,
che nell'odore dei cirri gonfi di pioggia
anela estasiata una sensualità d'infinito,
tra i pensieri afosi riversi sulla pelle
Nell'esatto punto in cui dilaga l'immortalità della sua penombra
lo sguardo si rifugia malinconico.
Scorge lontano
sulle cime dei monti
un cuore di lupo
schivo come luce di candela,
forte e docile
solitario tra le maglie di una pioggia lieve
Il respiro
trattiene nel suo seno il fuoco di una lacrima,
la coppa vuota del cuore accoglie nella terra fertile
i silenzi
con le luci dell'autunno che solcano l'aria
e tra le mie braccia,
sulle mie mani,
stanca e placata
l'anima
si discioglie in perle
di sogni ardenti e proibiti
Colori di una notte ancora acerba
salutano la linea rossa addormentata all'orizzonte
mentre il freddo
lambisce impercettibilmente il cielo
ed io mi stringo
nell'aura soffusa che riscalda questa stanza
rischiarata dal desiderio