Scivolando per i sentieri urbanizzati
della silente città,
ecco scampanare, l'ora del richiamo.
Ma le porte continuano a rimaner chiuse,
le luci delle case ancora spente,
il gatto silente ma non dormiente
persevera nell'osservare lo spazio
ancora vuoto
di una rivolta che non vuol arrivare.
Comunque vada,
è stato detto,
comunque vada è stato urlato.
Ma le parole si disperdono nel vento dell'indifferenza,
forse figlia del timore del cambiamento,
forse madre dell'egoismo maledetto
e vivo.
Ho cantato nella Piazza dell'Unità non più ritrovata,
parole di ribellione,
in tal momento l'arte immortalava il senso della speranza,
l'ispirazione degna di ogni altare da bagnare con le lacrime
d'amare, ascoltava e carpiva la provocazione oltre
ogni non più e mai benedetto oltre.
Ma le parole si smarrivano in quella fontana
senza più acqua,
in quel portico senza più mura,
in quella via
omologata alla monotonia
di una vita,
nonostante tutto,
da adattare al rigore,
all'austerità,
voluta ed imposta
dall'ordine dell'Autorità.
Disordiniamo questo ordine,
detronizziamo l'Autorità,
detronizziamo il nostro essere inconsapevoli
dall'ignoranza di Stato.
Comunque vada,
ho lottato,
comunque vada,
ho ribellato,
comunque vada,
ho osato.
Ed io sono,
perché oso.