Tu, donna di nobiltà vestita che,
come ragno,
esci dalla tua calda dimora ricca,
tu, donna che solo hai
e niente sei per me,
che sfili orgogliosa
per la tua strada
che porta il tuo nome
e mi disprezzi,
Tu, che tessi la tua ragnatela
su noi poveri insetti,
che altro non siamo
d'innanzi a te,
quando per l'eternità
dormirai nella tua ricca cassa,
nel cimitero della tua ricca famiglia
dimenticata sotto quintali di letame,
immersa nel buio,
quando la tua carogna
lenta andrà in decomposizione
e i vermi ti divoreranno voracemente,
rimarranno solo i tuoi putridi averi
a ricordare la viscida donna ch'eri
quando
guardandomi dall'alto
disprezzavi il mio essere
e il mio non avere.
Ed io solo allora,
forse,
quando sarò d'innanzi alla tua croce
piantata con violenza sopra la tua fossa,
appagato dalla democratica giustizia di Monna Morte,
poiché tutti uguali saremo d'innanzi a Lei,
sazierò l'ingordo odio
che per te
si cela dentro di me.