La mia gatta
è lontana
il pelo chiaro
morbido e liscio
la coda arruffata,
e si muove leggera
alla vista del gatto
magari un randagio
dal volto assassino
che la brama
che vuole il suo cibo.
Io la chiamo
la mia gatta
la sera, ogni tanto
ma lei è lontana
che miagola alla luna,
non m'ascolta
impegnata com'è
in una caccia spietata,
lei lotta e io sono qui
che osservo
le fumoserie del cielo
che intanto incupisce
e minaccia la pioggia,
domani la vita
rinascerà ancora.
Adesso io vago
in una città di morti
tra vecchi ruderi
d'antiche case
le cui pietre slabbrate
sono segnate dalla storia
dove stentano
a crescervi le erbacce
perché dei randagi
ci vanno a pisciare,
dei cani, anche loro
anime senza pudori
che riempita la pancia
si fermano per strada
ad annusare per aria
gli odori che provengono
da un'antica friggitoria
più forti ancora
di quelli della vicina montagna,
un olezzo che aleggia
su tutta la città.
Vanno avanti, inesorabili
le lunghe file di sagome
teste piene di vento
che si muovono
in una città di morti.
Lei, la mia gatta
e là, in mezzo
a succhiare quell'aria,
vorrei averla vicina
ma lei è lontana.