È un bimbo fiero e saldo,
dalla pelle rilucente d'ebano,
questo liuto che si partorisce,
tra lo stupore gravido delle mie mani.
Il legno timido e maestoso
accetta festante
di annegarsi in maree di luce,
fasci di sole che custodiscono
note in procinto di compiersi,
archetipi inscalfibili di melodie,
che si rincorrono in vene di sogni;
l'archetto celia sbarazzino
con corde che si scoprono magia,
e si trastulla leggero il destino,
tra le infiorescenze musicali,
di un'estasi di violino.
Le note viaggiano sfuggenti,
con la fretta dell'arte vera,
incomprimibile dal sonnifero del tempo,
saltellando scaltre e coinvolgenti,
tra la seduzione di un moto perpetuo,
e il troneggiare di un capriccio.
Dove le mani di Antonio
si fanno artigiani silenziosi e inarrestabili,
che liberano forme sopraffine di liuto,
dalla ragnatela creativa delle falangi,
erompono i sollazzi singhiozzanti e maestosi
di Niccolò il veneziano,
che comanda ai suoi arpeggi,
di solcare sussurri di incontaminata laguna;
vi come violino, vi come Venezia,
strano intreccio del fato,
avanza, dolce e immortale colombina,
finchè il ponte di Rialto non ti riveli,
la discesa di miele di note,
inventata apposta per te e per i tuoi sorrisi.