Avvolto nella solitudine del tempo,
lascio lentamente
che le membra si assopiscano.
Rilascio le spalle,
piego un poco le ginocchia,
appoggio più comodamente
i piedi a terra.
È come se lo spazio
qui d'intorno s'appanni,
meglio si pastellizzi.
Divento leggero.
Da qui ti guardo,
finalmente ti vedo,
ma non voglio parlare,
voglio ancora aspettare.
Attendo i contorni:
devon essere veri,
cioè se vedo, ti vedo,
cioè se sento, ti sento.
Solo allora e non prima,
solo in quello momento,
potrò tenderti certo,
la mia mano ed il cuore.